[continua] Quando voglio tornare li, basta nominare quei momenti, per rivivere quella terra così vicina e rievocare emozioni, quasi di altri mondi. Fez una piacevole scoperta, con la sua Medina caotica e le sue puzzolenti e affascinanti concerie medievali, (mai quanto quella di Marrakesh!) e il Muezzin ascoltato dall’alto della città (che ancora ho i brividi e sono passati 4 anni!) poi Chefchaouen, il paese di un blu quasi accecante, lassù in montagna, e giù fino al Sahara, un posto che ho vissuto in silenzio e meditazione (e mille risate) lasciandomi rapire dalle stelle, da un tramonto senza fine, mandrie di cammelli, albe sotto zero – che il mare in confronto, cosa ne può sapere – dal fare assurdo di due matti (Abdul e l’amico) alla ricerca di una capra femmina, da cucinarci la notte nell’accampamento berbero, in mezzo al nulla (mangiavo ancora la carne!). Per poi cenare tutti insieme, con le mani, da un gustoso piatto condiviso, tajine (in arabo: طاجين ) attorno a un tavolo e poi musiche e canti berberi e il canto del gallo, al mattino. Si, vi giuro IL GALLO nel deserto! insomma, il festival del folklore, quello autentico.
Una visita la merita anche Marrakesh, ma non più di due giorni; ne varrebbe la pena solo per sorseggiare un thè alla menta in piazza Jemaa el–Fnaa: una assurda meraviglia per tutti i sensi umani.
Correva l’anno 2013. Marocco on the road.
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